ArtWrite: CE, Self ed Eap- Animali Fantastici e come approcciarli

La prima versione di questo articolo uscì su un altro blog, qualche anno fa: all’epoca, ero aperta alle collaborazioni e più che cercare un angolo tutto mio, ero favorevole a prestare la penna a chiunque mi offrisse uno spazio. Non avevo ambizioni particolari, più o meno come ora, ma ciò che imparai da quella esperienza è che se dici ciò che pensi -e lo esprimi con chiarezza- devi assicurarti di metterci la faccia. E anche la firma.

Ovviamente, il testo è stato parzialmente riscritto per essere più attuale.

Dopo aver scritto, corretto e riletto, gli aspiranti autori partono per un viaggio che dovrebbe essere in mare aperto, ma che spesso finisce poco distante da dove è iniziato. Ci si sente come dei pirati senza scrupoli, con tanto di coltello in bocca, affamati, ma nel migliore dei casi, ci si limita a fare lo stile rana in una piscina alta cinquanta centimetri e gonfiata con la pompa a pedale.
Nel momento in cui si decide di piazzare un testo sul mercato spuntano decine di possibili soluzioni, più o meno fattibili. In Italia è difficile distinguere le attività truffaldine da quelle che si propongono in maniera seria e inoltre, le molteplici tipologie di pubblicazione non aiutano l’aspirante autore a capire di cosa ha bisogno e a cosa può ambire. Ovviamente, in una società dove la laurea più diffusa sembra essere “Scienze della Tuttologia” con dottorato in “Fuffologia“, è davvero difficile riuscire a capire il mondo editoriale in maniera oggettiva.
In questo articolo si cerca di illustrare le possibilità che ha un aspirante autore, analizzando pro e contro di ogni soluzione, in modo umile, asciutto e diretto; senza arroganza, con totale apertura al confronto.

Credete in voi stessi e fidatevi di chi vuole il vostro bene
Innanzitutto, è bene capire che tipo di prodotto si ha per le mani, se un romanzo, un racconto, una raccolta, una guida o altro. Il motivo è assai semplice: non tutti i lavori editoriali seguono lo stesso percorso di sviluppo e infatti, un fumetto affronterà degli step di pubblicazione diversi rispetto a un romanzo.
Dopo aver compreso la natura del prodotto è bene capire quanto questo sia “vendibile”. E’ vero che tutti hanno il diritto di rendere pubbliche le loro opere e che ognuna ha un’anima che va scoperta e capita, ma non è detto che queste risultino interessanti per il mercato o per chi deve investire. L’editoria è un’industria che si regge sul guadagno, come tutte le altre, quindi l’offerta varia in base alla domanda.
Chiarita la natura e la “vendibilità” dell’opera, l’autore deve capire in che modo muoversi e soprattutto, a chi affidarsi. Come già detto, le realtà editoriali sono molte e differenti: parliamo di case editrici classiche (CE), case editrici a pagamento (EAP), self publishing (Self), on demand, total free e chi più ne ha più ne metta. Insomma, a seconda dell’articolo, cambiano il modo e il mezzo di pubblicazione più adatti alla sua diffusione.

Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo
L’editoria classica è rappresentata dal rapporto tra Editore (casa editrice/CE), Distributore e Autore. La prima cerca, scova e investe; il secondo smercia; l’ultimo cede i diritti della propria opera e pur restandone ideatore unico, percepisce una percentuale pattuita in sede contrattuale.
Quali sono i pro e i contro di questa scelta?
Pro: pubblicare con una casa editrice classica vuol dire affidarsi all’editore e quindi, fare un percorso di crescita e formazione grazie alla collaborazione con professionisti (interni o freelance) quali correttori bozze, editor e illustratori suggeriti dalla stessa CE: generalmente, si tratta di personale qualificato scelto e non di collaboratori improvvisati. L’editore si occuperà dell’aspetto legale dell’operazione, nonché della realizzazione finale e materiale dell’opera, che poi verrà affidata al distributore per essere smerciata sul territorio.
Ovviamente, affidarsi a una CE significa essere sollevati da non pochi grattacapi, tra cui visibilità, pubblicità e distribuzione capillare.
Contro: le percentuali di guadagno sono più basse, il peso decisionale è risicato, ma soprattutto, trovare un editore che creda nell’autore al punto di investire su di lui è assai raro. In Italia, dove il mercato si divide tra le ristampe, traduzioni e testi che servono a far cassa, è difficile trovare una CE media/grande disposta a investire su autori sconosciuti. (Sconosciuti e non esordienti, sia chiaro: non sono pochi i casi in cui si è pubblicato esordienti noti per motivi terzi).
Consigliato a chi vuole delegare alcuni aspetti a chi è di competenza.

Volete aver molti in aiuto? Cercate di non averne bisogno
Il Self Publishing (auto pubblicazione) è una delle soluzioni recenti di maggiore successo, perché offre totale libertà ad aspiranti autori scartati dalla CE, non disposti a pagare per essere pubblicati o più semplicemente, a coloro che sono intenzionati a gestire in totale indipendenza l’esperienza di pubblicazione.
Quali sono i pro e i contro di questa scelta?
Pro: piattaforme come Amazon, Lulu o YouCanPrint permettono di avere un’indipendenza che nessun altro tipo di rapporto editoriale fornisce. In questo caso, l’autore può scegliere se investire nel proprio prodotto (con correzione bozze, editing e illustrazioni) o se mettere il manoscritto in vendita “al naturale”. Non ci sono limiti, scadenze e obblighi: tutto viene gestito in totale autonomia. Infine, ma non meno importante, la percentuale di guadagno è assai alta, perché al di là delle spese (soggettive), senza alcun intermediario, gran parte del ricavo finisce nelle tasche dell’autore.
Contro: non c’è il supporto e le linee guida dell’editore, quindi l’aspirante autore devo occuparsi personalmente di qualsiasi aspetto dell’operazione, raccogliendo spesso molto meno di ciò che ha seminato. Infatti, scegliendo se affidarsi a collaboratori esterni oppure no (o se sì, affidandosi a un professionista piuttosto che un altro), l’autore lascia che sia l’opera a rispecchiare il talento di chi l’ha scritta e la cura di chi l’ha lavorata. Stesso discorso per promozione e distribuzione, che vengono definite da quanto denaro l’autore è disposto a spendere per supportare la propria opera.
Consigliato a chi ha tempo, voglia e possibilità di mettersi in gioco.

Il fine giustifica i mezzi
Per affidarsi all’editoria a pagamento, chiamata anche EAP, bisogna essere consapevoli. Innanzitutto, è bene sapere che nonostante le EAP si occupino di produzione e gestione di contenuti riproducibili in serie (come le CE classiche), l’editoria a pagamento ricava il proprio guadagno dalla commissione ricevuta dall’autore e non dal prezzo che paga il lettore. Sulla base di ciò, è facile capire che la EAP non fa alcuna opera di scrematura dei testi, ma si limita a pubblicare chi è disposto a pagare il prezzo dei servizi editoriali da loro offerti. Si tratta di un incontro legittimo tra domanda e offerta che, se compiuto in maniera chiara, trasparente e consapevole, merita rispetto al pari di qualsiasi altro accordo.
Per certi versi, la pubblicazione in EAP è paragonabile al Self Publishing, perché in entrambi i casi non si viene scelti per il proprio talento, ma si arriva alla pubblicazione grazie al denaro o alle proprie abilità artigianali.
Detto questo, quali sono i pro e i contro di questa scelta?
Pro: come per il Self, la pubblicazione in EAP lascia molta libertà, soprattutto riguardo il testo, i significati, le illustrazioni e tutto ciò che fa parte del progetto editoriale. Si gestisce il prodotto e la pubblicità in totale autonomia e in ogni caso, indipendentemente dalla qualità offerta, l’opera viene pubblicata.
Contro: si ha la sensazione (fondata) di non essere stati scelti, si paga il servizio e si ottiene ciò per cui si è pagato, nulla di più.
Consigliato a chi ha la pubblicazione come obbiettivo unico.

Sperando di aver dissipato qualche dubbio e di aver stimolato la curiosità dell’aspirante autore, ricordo che è bene cercare confronti costruttivi con professionisti veri, che sappiano analizzare i testi senza secondi fini.
In editoria, come in qualsiasi cosa, non esiste il male assoluto come non esiste il bene assoluto: esiste solo ciò che è giusto per noi.

Un putiferio: questo è ciò che l’articolo in questione ha scatenato. Si tratta di uno scritto minimale e scarno, perché il mondo editoriale è ben più complesso e articolato di così, ma tutto ciò era ed è indirizzato a chi sta compiendo i primi passi e non sa bene cosa ha tra le mani, quali siano le offerte del mercato e quali siano le possibili soluzioni.
Con il passare del tempo, osservando l’ambiente, i suoi meccanismi e i suoi sviluppi, ho capito che parte delle critiche raccolte dall’articolo non erano indirizzate alla sua palpabile semplicità, né alla sua concreta chiarezza, bensì all’intenzione di rendere consapevole l’aspirante autore (che poi rifletterebbe meglio sulle diverse strade da intraprendere, analizzando pro e contro). In alcuni ambienti, dove tutte le EAP vengono considerate delle truffe legalizzate e le CE classiche sono descritte come brutte, sporche e cattive, perché “colpevoli” di pubblicare solo fenomeni da baraccone, il Self diventa “la risposta unica all’editoria di regime“, “la vera espressione dell’arte“, “l’unico mezzo per fare ancora vera editoria“.
Signori, non è così e per più motivi.
1. Prima di parlare di “arte” a sproposito, sarebbe interessante capire cosa sia l’arte per davvero. Un tratto perfetto, che però non suscita alcuna emozione (se non il banale consenso dovuto all’estetica) ha poco a che vedere con l’arte: di cose belle e condivisibili è pieno il mondo, ma quante di loro sanno far emozionare? Quanti scritti, tavole, canzoni o film ci lasciano il pensiero per tutta la giornata? Quanti di loro innescano una riflessione? Ecco: senza condivisione e capacità di toccare l’altro non c’è arte, ma solo tante passioni vissute in solitaria.
2. E’ vero che i colossi dell’editoria investono di più su libri di costume, di scarso spessore letterario, ma sappiamo anche il motivo per cui lo fanno. Le case editrici non sono onlus, non fanno beneficienza, e per questo vendono ciò che il pubblico chiede: anziché riversare sulle grandi CE la totale responsabilità delle pessime storie sullo scaffale, perché non accettiamo l’esistenza di un numero spropositato di lettori occasionali? Saremmo in dittatura se imponessimo agli editori di pubblicare solo ciò che noi riteniamo essere di qualità; il bello/brutto della democrazia è che governa chi ha più voti e in questo momento, gli amanti dei bei libri sono in difficoltà e devono tenere duro. Significa che sbaglieremo molti acquisti, che resteremo più spesso delusi, ma nessuno ci sta togliendo il diritto (da lettori) di leggere belle storie: cerchiamo di più e cerchiamo meglio.
3. E’ vero che molte EAP si presentano come CE classiche, ma in questo caso si tratta di truffa: nel momento in cui si irretisce un autore inconsapevole, gli si fa credere che pubblicherà gratis perché meritevole e poi, gli si mettono a conto i servizi editoriali (come la correzione bozze, l’editing, le illustrazioni e via discorrendo), si sta commettendo un reato. Al contrario, nel momento in cui una EAP si presenta come tale e l’autore decide di sottoscrivere un contratto con la suddetta, consapevole di dover pagare i servizi editoriali e di non essere stato scelto per merito, non vi è alcuna truffa. So che questo è difficile da accettare per quelli che denigrano le EAP per chissà quale torbido motivo, ma questo è quanto: laddove c’è consapevolezza non c’è truffa, fatevene una ragione.
4. E’ vero che i prodotti in Self sono spesso accusati di essere scadenti, ingiustamente, infatti la discriminazione verso questo tipo di progetti editoriali deve finire… ma la verità sta nei dettagli: non tutti sono scadenti e non tutti sono più scadenti di quelli proposti dalle CE classiche. Ci sono autori Self che curano maniacalmente il loro lavoro, affidandosi a beta reader, correttori bozze, editor e illustratori freelance e ciò è del tutto ammirevole, perché porta a scritti di qualità. Ma siamo seri e onesti, però: quelli che mettono le mani al borsello e curano i testi al pari di un editore sono davvero pochi, perché al netto di fenomeni assai rari, le entrate Self non coprono i costi di un editing fatto per bene o di un’illustrazione curata e perciò, l’autore rinuncia. Rinuncia, rivendica la spontaneità dell’arte rispetto alla rigidità imposta della tecnica, butta la diatriba in caciara e l’intera categoria di autori Self (anche quelli che investono) si becca la bandiera nera.

Miei cari amici polemici, la situazione è assai articolata, ma una cosa è certa: per esprimere un parere il più oggettivo e veritiero possibile o si è veramente imparziali o non si è coinvolti. Nessuno qui ha mai voluto denigrare gli autori Self e/o tutto ciò che gli ruota attorno, ma nel momento in cui si imbastisce un articolo indirizzato agli aspiranti scrittori, chiarezza e schiettezza sono dovute. Anche a costo di apparire semplicista.

Sara C.

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