SerieTV: The Bridge – Serie Originale, #1

Ci sono ricascata, com’era prevedibile, ma è difficile stare alla larga da film e telefilm giallo/polizieschi se si è amanti del genere: il detective tormentato ha sempre il suo fascino e non è possibile restargli indifferente, neanche quando diventa un becero insieme di stereotipi e cliché. Forse, è perché lo sbirro silenzioso ha spesso una storia triste alle spalle e lo spettatore, colto da Sindrome di Wendy, non aspetta altro che ascoltarla e compatirlo, come se facesse parte dello show anche lui.
Oltre l’attaccamento al genere più vecchio del mondo, c’è la curiosità per le serie tv nordiche, quelle in cui i toni sono così scoloriti da farci credere che in Norvegia la gente abbia davvero la pelle grigia. Tutto è così freddo e moderno che addirittura i polizieschi tedeschi sembrano un lungo carnevale di Rio: in confronto a un telefilm svedese (un The Bridge a caso), anche Squadra Speciale Cobra 11 emoziona come una soap opera ecuadoregna.

The Bridge è una serie tv dano-svedese, dove il dualismo tra Danimarca e Svezia è presente dalla produzione fino ad arrivare alla trama. E’ stata trasmessa dall’emittente SVT1 (Svezia) e dalla DR1 (Danimarca) durante la stagione televisiva 2011 ed è arrivata in Italia grazie a Sky Atlantic nel 2014.
Le 4 stagioni sono composte da 10 episodi dalla durata di 60 minuti ognuno, fatta eccezione per l’ultima che ne conta 8.
Si tratta di un telefilm concluso e senza possibilità di rinnovo, ma che conta comunque due remake realizzati all’estero: The Bridge, serie statunitense andata in onda nel 2013 su FX e The Tunnel/Le Tunnel, prodotta da Sky Atlantic/Canal+ (Inghilterra/Francia) sempre nel 2013.
Il prodotto è stato registrato sia in danese che in svedese, scegliendo di sottotitolare le scene realizzate in lingua estera rispetto al paese in cui veniva trasmesso; e questa è soltanto una degli innumerevoli punti di contatto tra due nazioni così vicine, ma mai così differenti.

La recensione è volta a riflettere sulla prima stagione di The Bridge, in cui il dualismo Danimarca-Svezia si percepisce di più e finisce direttamente nella trama, oltre che nella realizzazione.
Sul Ponte strallato di Øresund, proprio sulla linea di confine tra le due nazioni, viene ritrovato un cadavere accuratamente diviso a metà. Sulla scena del crimine intervengono le forze di polizia di entrambi i paesi e collaborando in modi che l’Italia si sogna, perché la rivalità tra le divise nostrane è ben nota, Saga Norén (svedese) e Martin Rohde (danese) indagano su un terrorista intenzionato a denunciare cinque problemi della società moderna. Trama semplice e lineare quella di The Bridge, ma che fatica a farsi strada tra il pubblico a sangue caldo dell’Europa del sud: le ambientazioni, la fotografia, la regia e anche le musiche hanno la facoltà di calare lo spettatore in una società profondamente diversa da quella di Parigi, Roma e Madrid. Palazzi alti di vetro, nessuna cartaccia sui marciapiedi, ma anche persone che camminano per strada in silenzio, procedendo come automi e guardando attraverso gli altri quasi fossero gli ultimi abitanti del pianeta Terra: non si tratta di chiusura emotiva, ma di garbato distacco.
Visivamente, il telefilm è di palese produzione nordica: luci spente, costumi monocolore (verde oliva, grigio e nulla più) e totale assenza di quel calore europeo sia negli ambienti interni che nei dialoghi, che nella caratterizzazione dei personaggi. La protagonista, Saga Norén, interpretata da Sofia Helin, è un soggetto semplice e diretto, che non si fa problemi a cambiare la maglia di fronte all’intera stazione di polizia e soprattutto, dopo averne annusato l’odore in prossimità delle ascelle. Un tipo estroverso? No, sospetta Sindrome di Asperger. In maniera garbata e involontaria, la serie si fa carico di un tema delicato, ma che sa affrontare con la semplicità di chi si limita a fare la cronaca senza particolari sviolinate melodrammatiche. Martin Rohde invece, interpretato da Kim Bodnia, visto in Killing Eve (2019), appare come il gigante buono, l’uomo barbuto e simpatico che tende a sdrammatizzare sulle proprie scappatelle extraconiugali e sui pezzi di cadavere che l’assassino fa ritrovare qui e là. Di sicuro, si tratta di un soggetto non perfetto, ma che comprende le difficoltà della propria collega e che cerca di trovare dei compromessi con i comportamenti eccentrici di chi è affetto dalla sindrome di Asperger.

Img: tvserial.it

Il risultato che si ottiene è buono, ma comunque differente da quel Forbrydelsen che ha poi ispirato il più celebre The Killing e a cui The Bridge viene paragonato fin troppo spesso. Il primo conta un minutaggio eccessivo (sempre 60′) e un numero di puntate spropositato (20 a stagione) per essere paragonato al secondo, che invece fa della brevità uno dei suoi punti di forza per la riuscita all’estero: calare lo spettatore occidentale in una realtà così diversa rischia di allontanare buona parte del pubblico, ma se il prodotto è breve, la pazienza del telespettatore è di sicuro maggiore. Grazie alla fiducia ottenuta sulla parola, The Bridge presenta personaggi interessanti e credibili e una trama degna di nota (soprattutto dal punto di vista morale), ma che non riesce a catturare l’attenzione del pubblico non danese e svedese. Ciò è da imputare totalmente allo stile nordico di realizzazione, che accomuna i reparti tecnici e fa sì che il prodotto somigli troppo a una puntata qualunque del Commissario Rex. Ma più cupo e serio.

Sara C.

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