Libri: RHV – Ascesa alle tenebre, di Lucia Guglielminetti

Il vampiro è una delle figure letterarie più amate della storia e malgrado gli ultimi due decenni abbiano cercato (inconsapevolmente o no) di demolire la bellezza di tale personaggio, agli occhi del lettore imparziale l’amore per i succhia-sangue resta immutato. Le origini risalgono ai primi anni dell’800, con libri come Il vampiro di John Polidori (1819), che a sua volta ha spianato la strada al capolavoro di Bram Stoker, Dracula (1897). Da questo momento in poi, il vampiro è diventato un archetipo e non solo letterario.
Nel cinema, ricordiamo l’agghiacciante Nostefatu – Il vampiro (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau, che si vide negare i diritti dell’opera di Stoker e fu costretto a modificare vari aspetti del suo film; ma anche lo straordinario Bela Lugosi in Dracula (1931), per il ciclo della Universal dedicato ai mostri, e i recenti Blade (1998) di Stephen Norrington e Twilight (2005) di Catherine Hardwicke. Per la tv, Buffy – L’ammazzavampiri e The Vampire Diaries, ma per avere qualcosa di più fresco e sostanzioso ci sono True Blood e The Strain.
Insomma, di vampiri n’è pieno il mercato, ma quanti e quali di questi riescono a impressionare il lettore/spettatore medio moderno? Visto il processo di “romanticizzazione” di un personaggio che, a tutti gli effetti, è un predatore tra i più pericolosi, è possibile dire che il Conte Dracula è stato soppiantato da Edward Cullen? La verità è che sì, è così, almeno parzialmente. Nel mondo degli esordienti letterari, per esempio, gli scaffali brulicano di volumi dedicati ai vampiri, ma anziché raccontare storie autonome e originali, molti autori scrivono per una presa di posizione quasi politica: c’è chi si scaglia contro il prototipo del vampiro moderno, luccicante e innamorato, e lo fa esibendo qualche richiamo alla letteratura gotica di inizio secolo, ma poi finisce per parlare dell’ennesima storia d’amore… solamente più contrastata delle altre. C’è chi decide di seguire la corrente e invade il mercato con prodotti che scimmiottano l’originale, che già poco bene fa di suo. E alla fine? Si annaspa preoccupati in un mare di vampiri, più o meno crudeli, ma comunque sempre innamorati: e questo fa male al cuore, molto male.

Nota a margine. Ricordiamoci che la recensione è uno strumento importante, perché aiuta il possibile acquirente a farsi un’idea riguardante il prodotto: infatti, una buona recensione può dissuadere o invogliare all’acquisto.
Il destinatario prima di qualsiasi recensione è colui che spende (soldi e/o tempo), ossia il lettore, lo spettatore o chiunque altro si avvalga di giudizi terzi per saperne di più.

Autore: Lucia Guglielminetti
Titolo: RHV – Ascesa alle tenebre
Editore: Dark Zone

Nell’immaginario del lettore “maturo”, la figura del vampiro corrisponde a un archetipo letterario (e non) ben definito: un predatore tra i più crudeli della storia, un cacciatore scaltro come pochi altri e infine, ma non meno importante, un soggetto dotato di grande fascino. Mentre nelle “Cronache dei Vampiri” di Anne Rice (tra i noti, vera erede di Stoker) il termine ‘fascino’ manteneva il suo solito significato, con il tempo questo è finito per identificarsi nella proposta letteraria di Stephenie Meyer: il vampiro di cui è impossibile non innamorarsi, soprattutto se si soffre della Sindrome di Wendy e relativi annessi. In verità, in “Intervista col Vampiro”, la Rice raccontò di un fascino ben diverso, magnetico, ipnotico, che è poi quello che paralizza le vittime di Bela Lugosi fin dai tempi del Dracula targato Universal. Ecco, c’è una sottile differenza tra appeal e magnetismo ed è da qui che nasce la scissione tra autori come Stephenie Meyer e Anne Rice.
Premessa necessaria per introdurre “RHV – Ascesa alle tenebre” di Lucia Guglielminetti, che ad oggi conta anche diversi seguiti. Al termine del primo volume e tenendo conto della distinzione fatta poco sopra, le considerazioni a freddo portano ad accostare questo titolo a quello della Rice, proprio a Intervista col Vampiro.

Il protagonista, Raistan Van Hoeck, è un vampiro di trecento anni che affronta una riflessione profonda: sta tirando le somme di una vita lunghissima, pregna di fatti crudeli e aberranti, e lo fa attraverso una sorta di diario personale. In verità, l’intera opera viene presentata come un racconto che Van Hoeck fa al lettore, quindi differisce leggermente da una qualsiasi pagina dei diari di Anna Frank, ma è ugualmente specifico e privato. In maniera molto intelligente, l’autrice sceglie la narrazione in prima persona e ciò le permette di agguantare il lettore, coinvolgerlo come se facesse parte della storia: abilità rara e indispensabile questa, soprattutto se si vuole valorizzare in modo corretto il proprio scritto. Comunque, a questo punto si presentano un pro e un contro: la prima persona riduce il numero dei dialoghi, quindi ci si imbatte spesso in sequenze descrittive e narrative assai lunghe, ma non tutto il male viene per nuocere, soprattutto considerando che uno dei punti di forza di Ascesa alle tenebre è proprio la capacità di coinvolgere colui che legge. Tutto ciò è stato possibile grazie a uno stile chiaro, pulito, piacevole e privo di arzigogoli inutili, che avrebbero appesantito un testo capace –invece- di stare bene in piedi. Piccola pecca, un linguaggio a volte troppo “moderno” in relazione al chi, al dove e soprattutto, al quando.
Nonostante non si tratti di un vero e proprio diario, la scrittura in prima persona e il modo in cui si interfaccia Van Hoeck cozzano un po’ con i salti spazio/tempo che servono all’autrice e rischiano di lasciare il lettore confuso e con un vago senso di fame.

La vita del protagonista viene raccontata in modo credibile, descrivendo in modo calzante un vampiro dell’epoca pre-twilightiana: nessuno brilluccichio, niente sangue sostitutivo e si torna al fiuto del vero predatore, egoista per natura. È così che Raistan Van Hoeck riesce a suscitare simpatia, mostrandosi per ciò che veramente è e non per quello che vorremmo lui fosse: Ascesa alle tenebre non umanizza la figura del vampiro, ma si limita a descriverla, raccontandone le avventure in modo piacevole e leggero. È vero che ogni tanto c’è un’accelerata di troppo, la quale porta una curiosità non soddisfatta del lettore, ma la scrittura è così fluida e il racconto talmente coinvolgente che si chiude un occhio.
A fare da contraltare alla ruvidità del mostro ci sono una buona dose di ironia e sarcasmo e una “componente emotiva” non invasiva e melensa, che hanno lo scopo di elevare il testo da cronaca sterile –e magari anche poco interessante- a racconto completo e piacevole.
Ombroso e difficile già da vivo, con un pesante rifiuto alle spalle, il protagonista continua ad essere complicato anche da morto. Malgrado si intervallino fatti e persone nella sua non-vita, Van Hoeck assorbe tutto in un vuoto interiore che lo caratterizza fin dall’infanzia e che a tratti lo fa sembrare meno mostruoso di ciò che è –o che è diventato. Come diceva la Fallaci a proposito di Pasolini, “La malinconia te la portavi addosso come un profumo” e qui abbiamo un soggetto impregnato dal rifiuto di sé, dal bisogno di libertà e da un vuoto a perdere che si sente da chilometri. Eppure, toccando corde proprie agli umani, Raistan è capace di emozionare con la sua apertura alla giovane Sophie: “Sono stanco di vagare in questo mondo senza qualcuno che tenga a me. Se umana dev’essere, umana sarà”. A differenza di Shibeen, colei che lo trasforma e lo affianca fino a diventare una sorta di compagna di vita e di avventura, Sophie sembra rappresentare la bellissima e incontaminata umanità che coglie tutti alla sprovvista. Ormai, personaggi come questo sono in disuso e vengono sostituiti spesso da figure femminili forzatamente toste, algide in maniera artificiosa e ovviamente iper-sensuali, quindi incontrarne di così emotivi è un fatto raro quanto emozionate.
In generale, tutti i protagonisti di Ascesa alle tenebre sono ben rappresentati, forti della loro identità, anche se ognuno di essi sembra esistere per permettere al protagonista di emergere e mostrare le sue tante sfaccettature: nota di merito per Vincent, che sa essere il più indipendente tra tutti.

Mentre il racconto della vita di Raistan Van Hoeck monopolizza l’attenzione del lettore, la trama centrale viene intrecciata con cura dall’autrice, nodo dopo nodo: a margine dello storico dualismo tra vampiri e lycans nasce una nuova minaccia, molto più pericolosa e oscura. Questa necessita del doppio delle energie per essere fronteggiata e quindi, quelli si consideravano per natura dei rivali finiscono per diventare degli irrinunciabili alleati.
Seppure il tema non sia originalissimo, fattori come la scelta della narrazione in prima persona – associata al diario del protagonista, lo stile scorrevole e capace di incuriosire, l’aver imbastito una trama piacevole e con personaggi credibili, tutti rappresentano un insieme di punti di forza troppo grande per essere trascurato. Nota a margine, ma nemmeno tanto: la versione illustrata di Ascesa alle tenebre contiene i lavori di Kittrose, che sono a dir poco fenomenali.
La lettura è davvero consigliata, ma non solo agli amanti del genere o ai nostalgici di Bram Stoker e Anne Rice, ma anche a tutti quelli che sono alla ricerca sia di un buon libro che di un esordiente capace, solido e di sostanza.

Sara C.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.