Io scrivo: Alcuni sono destinati a diventare anonimi immortali

La guerriera

Nel villaggio, così come nella vita, le donne guerriero stringono l’impugnatura della spada che spesso le ha salvate. Petto in fuori, mento alto, tatuaggi e cicatrici: camminano fiere per le strade di qualsiasi città, senza avere mai paura. Hanno l’energia per abbattere il nemico, per oltrepassare ogni ostacolo e se mai dovessero cadere, sarebbe per un colpo inaspettato, sfoderato dall’avversario con abile maestria. 

Loro vincono, sempre, anche quando perdono, perché la battaglia regala conquiste memorabili oppure memorabili gesta, pronte per essere raccontate a chi un domani le ascolterà. 

Loro trascinano la spada nella neve e già solo per il coraggio di tracciare la via, fanno breccia nei cuori più impressionabili, quelli a cui serve il motto giusto al momento giusto. Quelli che vivono di sogni, fantasia e immaginazione, laddove la donna guerriero è ormai leggendaria e il solo sfiorarla fa sentire le dita bagnate di virtù. 

Il medico

Nel villaggio, così come nella vita, le donne medico asciugano la fronte di coloro che sono ormai da buttare. Per tutti, ma non per quelle donne lì. Loro assistono, vegliano e in alcuni casi, curano chi ha la fortuna di passare sotto le loro mani miracolose. Lo scopo è quello di sollevare l’altro dal male della vita, che sia la vita stessa o le frecciate velenose di un’esistenza troppo crudele.

Loro perdono, a volte, perché non tutti possono essere salvati. Alcuni non lo vogliono affatto. 

Loro sono madri, mogli e sorelle di chiunque e fanno breccia nei cuori dei viaggiatori; quelli passano, si curano e poi vanno via. Sono destinate a replicare i sorrisi gentili, le carezze amorevoli, gli abbracci calorosi, per tutta la vita e purtroppo, come spesso accade nelle esistenze troppo crudeli, restano sole. 

La locandiera

Nel villaggio, così come nella vita, ci sono donne di cui nessuno parla mai. Sono poco interessanti, poco appariscenti e non si sa bene quale sia la loro vera utilità. Le locandiere non sono fatte per la guerra, nonostante le braccia forti, le dita grassocce e la faccia gonfia. Non sono fatte nemmeno per la cura, nonostante la predisposizione all’ascolto. Loro le trovi a lustrare il bancone, madide di sudore, perché quel tronco invecchiato è come ciò che vedono allo specchio: non un coltello poetico e sensuale, ma un ciocco tagliato con l’accetta e scavato con lo scalpello. 

Loro perdono ogni volta. 

Perché non importa se sguaini una spada o asciughi il sudore: a fine giornata, darai due colpi sul bancone e ti farai servire rhum, birra, vino e chissà che altre schifezze. Metterai da parte i tuoi problemi e guarderai negli occhi della locandiera, che come il legno di quello stesso bancone, assorbirà tutto e non dimenticherà mai. Nel silenzio della sua stanza sotterranea, tra la cucina e lo scannatoio, la locandiera toglie il busto che le ha sorretto la schiena, affonda il grosso culo sul letto e poi, con le spalle curve e lo sguardo basso, posa la mano tozza sul cuscino: l’unica cosa soffice che mai accarezzerà.

Non essere la locandiera

Non importano più gli ostacoli, le distanze, i dubbi e le incertezze. Non importa l’esperienza passata o la vigliaccheria di sempre. Ciò che conta è di non finire come la locandiera.
Azzarda quando hai paura. 
Corri quando hai paura. 
Senti quando hai paura.
Affronta. 
Vivi.
Non essere la locandiera.

***

Alcuni sono destinati a diventare anonimi immortali” è uno scritto dedicato ad Elena Galati Giordano, amica deliziosa e illustratrice di talento.

Sara C.

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