Interviste: Teresa Bonaccorsi – Autrice, Illustratrice

Definire “scrittrice” la professionista che sto per intervistare è riduttivo. E non perché si tratta anche di un’illustratrice e musicista, bensì per il concetto trasversale di arte che riesce abbracciare. Andando ad analizzare il senso più intimo dell’arte stessa, infatti, possiamo includervi tutte quelle produzioni che si realizzano grazie al fuoco della passione. La professionista in questione sa scindere i progetti lavorativi da quelli che le stanno più a cuore e nonostante tale schiettezza, che nel settore appartiene a pochi, non si adopera mai in modo asettico e distaccato: insomma, non tutti i lavori hanno un’anima, ma l’anima finisce sempre in qualche lavoro.
Molta voglia di imparare, umiltà nel chiedere, alcun imbarazzo nel mostrare i progressi fatti e la convinzione di non essere arrivati: “I’m still learning” diceva la famosa citazione erroneamente attribuita a Michelangelo.
Lei è una dei pochi sopravvissuti alla mattanza e il suo stare in piedi, qui, dimostra che il dialogo e la voglia di comprendere l’altro sono al di sopra di qualsiasi incomprensione, anche di quelle più segnanti. Non si tratta di sentimenti e passione a buon mercato, ma di impegno, serietà e consapevolezza di dover procedere un passo alla volta, perché è solo così che si costruisce qualcosa di solido e vero. Nella vita, come nell’arte.
Lei è Teresa Bonaccorsi ed è ospite di Art Cafè in qualità, stavolta, di Autrice.

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~ “Mai giudicare dalle apparenze” è un detto che viene ripetuto fino allo sfinimento, in special modo di questi tempi, come fosse un mantra. Dalla sessualità alla fisicità, dalle idee alla spiritualità: come ci si sente ad essere giudicati dalle apparenze in una società che si dice contro i pregiudizi? Nella vita, ma soprattutto in questo ambiente di lavoro.
Tendo spesso a guardare il lato positivo di ogni cosa. Nella discriminazione, ad esempio, vi trovo un grande incentivo alla tempra personale e alla focalizzazione degli obiettivi, delle passioni. Hai presente la classica domanda “Ne vale la pena?”; nel corso degli anni mi è capitato di chiedermi se questa o quella scelta, valessero tutte le discriminazioni e i disappunti sociali. In caso di risposta affermativa, allora, quella scelta era la più giusta per me: ciò conta molto più di qualsiasi critica. e portare a una maggiore consapevolezza dei propri obiettivi.

~ Il tuo percorso lavorativo segue di pari passo quello della crescita e dell’esperienza. Com’è studiare e lavorare allo tempo stesso? Quanto ti penalizza e quanto ti favorisce, se lo fa.
La continua ricerca, nonché le fasi di studio e gli approfondimenti che svolgo per (o su) un illustrazione sono delle fasi entusiasmanti: è il momento in cui si ampliano le prospettive, la fase in cui “tutto è possibile”, le idee prendono forma, mutano, man mano che si va avanti con la ricerca del “messaggio” più indicato (penso che ogni opera artistica, che sia essa illustrativa o di altro genere, celi o debba celare un messaggio, che deve essere chiaro ma non palese).
Per quanto riguarda lo studio in termini “letterari”, approfondire tecniche, sperimentarne di nuove, “ripassare concetti” fondamentali per l’esecuzione corretta di un opera arricchiscono, personalmente e professionalmente.

~ Era in forte crescita nel periodo pre-covid, ma ora il mercato letterario che riguarda autori self e case editrici medie e piccole sembra essere esploso definitivamente. Le fiere letterarie sono il sogno di molti lettori, che cercano delle perle lontane dalle strategie di mercato dei grandi editori. Cosa pensi della piccola e media editoria italiana e soprattutto, del self publishing?
Credo che ogni autore debba prima di tutto capire cosa vuole per se stesso (e quindi per le sue opere). Trovo inopportuno, ad esempio, mandare il proprio romanzo a CE random, senza averne approfondito la storia e la politica. Affidare il libro a una determinata casa editrice deve essere una scelta ponderata e giustificata (es. vorrei pubblicare con CE X perché amo i suoi libri, vorrei pubblicare con CE Y perché tratta romanzi del genere trattato da me, ecc.).
Stesso discorso vale per il self, anzi forse ancor di più: l’autore che sceglie la strada del self publishing dovrebbe essere consapevole delle conseguenze di tale scelta, come l’investimento economico per editing e cover e l’investimento di tempo per la promozione, tanto per iniziare; ma fondamentalmente deve essere consapevole di dover mettere sul mercato un prodotto professionale/su cui hanno lavorato dei professionisti.

~ Spesso, mi capita di parlare di “Villaggio Amish” per intendere quell’ecosistema indipendente che scrive libri, li edita, li illustra, li produce e infine, li legge e li recensisce. Credi che questo metodo di sopravvivenza, basato sull’autonomia e sul mancato confronto con il grande mondo dell’editoria, giovi alla crescita degli autori, illustratori, editor e di tutti gli altri professionisti del settore? Quelli che, a conti fatti, rischiano di rimanere incastrati in una realtà sicura, ma con poche possibilità di “andare per mare”.
Penso che bisogni discernere tra il mondo social e la realtà, e per fare ciò è necessaria una mentalità aperta. Il Villaggio Amish ha ottimi punti di forza, quali il confronto e il sostegno, ma se vissuto come esclusivo, trattandosi di un “posto” virtuale, può diventare deleterio. Credo che sia di grande conforto ritrovarsi in gruppi con propri “simili”, ma è importante anche tenere la mente lucida sulla realtà.

~ Una delle caratteristiche che colpiscono di te è l’essere poliedrica: ti occupi di musica, di scrittura, di illustrazioni e se vogliamo includerla nell’arte, anche la cucina. È il richiamo della stessa arte a essere totale o sono passioni nate e coltivate nel tempo?
Una volta una persona mi disse “se fai troppe cose alla fine non ne farai neanche una bene”, beh forse ha ragione lui e, in passato, ho provato più volte a dedicarmi a una sola passione ma è stato come andare contro la mia indole. Forse non farò mai le cose per bene, ma sarò sempre me stessa e, fare ciò che amo è essere me stessa. Mi lascio trasportare dall’istinto come una foglia al vento.

~ Quanto è importante la musica per la scrittura e il disegno? E quanto sono importanti le immagini, le illustrazioni, per la scrittura?
Mentre rispondo alle tue domande sto ascoltando Ludovico Einaudi: vale come risposta?
Un mio professore mi disse che non potevo ascoltare sempre musica quando disegnavo, non potevo insomma attaccarmi a quell’ispirazione per disegnare, perché sarebbe potuto capitare di dover disegnare senza auricolari alle orecchie. E aveva perfettamente ragione. Amo disegnare e scrivere ascoltando musica ma non è una cosa che faccio sempre, a volte la creatività ha bisogno del “suono del silenzio” per far sentire la sua voce.

~ Prima di “Elements –  Il risveglio dell’Etere”, hai pubblicato “Come una bambola di pezza e fieno”, che tratta il delicato tema delle spose bambine. Hai messo la scrittura a servizio di una buona causa, ma perché proprio di questa?
È un argomento di cui si sente parlare sempre troppo poco. È una realtà così distante da noi occidentali che sembra non sfiorarci, nella quotidianità quanto nell’animo; ma, purtroppo, è una cruda realtà e dovremmo tutti fare qualcosa.

Anni di studio matto e disperatissimo, è così che definiresti il lavoro che sta dietro “Elements – Il risveglio dell’Etere”? Qual è il percorso di questa storia e perché sei così legata ad essa?
È stato come crescere un figlio adolescente (e ne so qualcosa) che si ribella, e riuscire ad affrontare e attraversare, mano nella mano, le fasi, fino a vederlo maturare, diventare consapevole.

~ Se avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo, cosa cambieresti del tuo percorso letterario? In special modo, delle scelte fatte e non fatte riguardanti proprio la saga di “Elements”.
Probabilmente non rifarei alcune scelte dettate dall’emotività e alla bassa autostima.

~ In conclusione, quali sono i tuoi progetti (letterari e non) per il futuro? Cosa ti aspetti da domani?
Spero di riuscire a occuparmi in modo più assiduo del blog e dei canali YouTube (specialmente quello dedicato all’arte). A livello letterario, conto di riprendere alcune storie abbozzate tempo fa, naturalmente rivedendole da zero, mentre sul piano artistico sono sempre aperta a nuove collaborazioni, nel frattempo sto lavorando su dei progetti personali: un calendario e alcuni progetti grafici che vedranno la luce a breve.

EXTRA:
~ Quanto è importante il contatto umano in questo ambiente e quanto lo è/lo è stato nello specifico nel Villaggio Amish?
Essendo una persona dalla indole socievole, per me il contatto umano è importante, ma l’esperienza da amish mi è stata di grande insegnamento per capire che è bene distaccarsi per radicarsi con se stessi.

~ Scegliendone uno tra i big e uno tra gli esordienti, quali libri ti avrebbe fatto piacere scrivere?
Una domanda di riserva?

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Ovviamente, è innegabile che un po’ di questa intervista sia di parte. Ciò che non è così scontato, invece, è la volontà di far emergere una professionista con idee, gusti e sogni ben più solidi di quelli che l’insicurezza (insita e generata dall’esterno) lasciano trasparire.
Come tutti i siciliani, figli della genialità e dell’originalità del popolo di Federico II di Svevia, anche Teresa ha uno stile inconfondibile, tutto suo, sia nell’essere artista, che donna, che essere umano. Non c’è mai nulla di scontato con lei e in lei, perché sa stupire con guizzi di genialità inaspettata, che quindi vale doppia.
Forse, uno dei suoi difetti più marcati (perché ne ha) è la tremenda insicurezza che blocca tutti quelli che hanno qualcosa da dire e che arrossiscono al confronto con chi, invece, parla tanto per non dire poi niente.
In questo ambiente, che rispecchia a perfezione il mondo, Teresa sopravvive senza maschere, senza filtri, senza parole di circostanza e senza presenze che sanno di assenze; con l’umiltà di chi sta sempre sulla soglia, ma che dovrebbe attraversarla perché ne ha tutto il diritto. In un sistema rodato, basato sull’egocentrismo dei piccoli (che spesso è ben peggiore di quello dei grandi), lei dispensa involontariamente coerenza e umiltà, ricordando a tutti che “siamo chiunque e non siamo nessuno”.
Grazie Teresa, io e Art Cafè ti auguriamo tanta, ma tanta fortuna.

Sara C.

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