Interviste: Giuseppe Calzi – Autore

L’autore che sto per intervistare è una delle persone che più mi hanno impressionata al momento della stretta di mano: ci siamo incontrati a Roma, lo scorso dicembre, in occasione del “Più Libri Più Liberi”. Mentre lo stand della Dark Zone Edizioni era in fermento, lui se ne stava in disparte, defilato, come credo gli accada spesso in fiera.
Mi ha colpita perché è sempre stato presente e non ha mai mancato un sorriso a qualsiasi tipo di visitatore, ma l’ha fatto con la discrezione di chi non ama mettersi al centro della scena. Per alcuni, il mio apprezzamento potrebbe essere figlio di un carattere diametralmente opposto, ma la verità è che ammiro chiunque sia capace di capire quale comportamento adottare a seconda del contesto, senza prendersi troppe libertà e facendo affidamento a quello che oggi, purtroppo, viene fatto passare per eccessiva timidezza: il garbo.
L’autore in questione è garbato come pochi altri. Discreto, intelligente e interessante.
Lui è Giuseppe Calzi ed è ospite di Art Cafè in qualità di autore.

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~ Una confessione proveniente direttamente da Più Libri Più Liberi. Da brava agorafobica, quel giorno ero nel pallone e ammetto che la tua presenza, defilata e garbata, mi ha aiutata molto. Prima di quel momento, non ci conoscevamo nemmeno sui social e perciò, sei stato una novità assoluta che ho recuperato a casa, in maniera indipendente da facebook, spam e rete di conoscenze. Sembra una domanda banale, ma più passa il tempo e più mi rendo conto che non lo è affatto: allo stand, è più importante portare i sostenitori di sempre o suscitare curiosità nei nuovi lettori?
Buongiorno a tutto il gruppo e un doppio enorme grazie, come prima cosa per lo spazio che Art Cafè ha deciso di dedicarmi, ma soprattutto per le bellissime parole di introduzione. Devo dire che hai colto nel segno, descrivendo come meglio non potevi una parte della mia personalità.
Dal mio punto di vista, uno degli obiettivi della scrittura deve essere quello di suscitare curiosità, di prendere per mano il lettore e avvicinarlo a qualcosa di particolare, a emozioni forti. A qualcosa che, una volta arrivati all’ultima riga dell’ultima pagina, dia le motivazioni e il desiderio di ricominciare, ripartire per un altro “viaggio”. Sia ben chiaro, ti dico questo senza distinzione alcuna di genere (il mio lato lettore per esempio non si preclude alcun libro, tanto che uno dei miei romanzi preferiti non ha nulla a che vedere con il genere che tratto quando scrivo).
Per questo motivo, ti rispondo convinto: uno dei miei obiettivi è proprio quello di avvicinare sempre nuovi lettori, magari convincendoli che il thriller psicologico, e persino l’horror, possono esprimere molto più di semplici successioni di eventi (che per quanto ben ideati e strutturati, se privati delle emozioni, potrebbero risultare banali e svuotati di significato).

~ In questo ambiente, lo spam è religione ed è assai raro trovare un autore che non interpreti il ruolo di venditore porta a porta. E lo dico con tutto rispetto per la categoria. Per quanto riguarda i tuoi lavori, che rapporto hai con la pubblicità? E da lettore, come reagisci alle “strategie di marketing” altrui?
Purtroppo, nel contesto editoriale italiano emergere è assai complesso. Non dico che sia utopico, ma per certi versi il percorso potrebbe risultare proibitivo. Ti faccio l’esempio personale. Come prima esperienza, sono stato vicino alla pubblicazione con una CE di medio-grandi dimensioni, ma il fatto che Giuseppe Calzi fosse un “signor nessuno” ha avuto un peso maggiore rispetto agli apprezzamenti che avevo ricevuto per il testo. In sostanza, dopo diversi mesi nei quali mi veniva detto che il romanzo piaceva ma che non potevano darmi una parola definitiva, ho deciso di impegnarmi con un’altra CE, la Dark Zone Edizioni, una struttura giovane, molto più piccola, ma con idee chiare sulla valorizzazione del “nuovo”. Va da sé che su queste basi, fare un proprio marketing risulta difficilissimo e secondo me lo spam non è la strada giusta da percorrere. Tutt’altro, si rischia di avere una forte dispersione di tempo e risorse, che potrebbero essere investite facendo quel che mi piace fare, cioè scrivendo.
Personalmente, tento la strada del passaparola e della comunicazione diretta. In sostanza, se qualcuno viene incuriosito da qualche mio romanzo, perché non dargli la possibilità di saggiare davvero il mio stile e le mie storie? Da questo punto di vista, ho un sito personale ([www.sussurriamezzanotte.altervista.org](http://www.sussurriamezzanotte.altervista.org/)) sul quale pubblico le parti iniziali dei miei lavori in modo gratuito e senza alcun vincolo.
Da lettore, le strategie di marketing troppo aggressive mi infastidiscono, portando al risultato opposto rispetto a quello sperato.

Cover It

~ Si dice che per scrivere sia necessario leggere parecchio. Devoto ai classici e ai big, aperto agli esordienti o dedicato totalmente agli aspiranti: cosa piace leggere a Giuseppe Calzi?
Leggere è la chiave di volta per scrivere. O almeno per tentare di scrivere in modo apprezzabile. Rischio di passare per antipatico, ma mi capita di incontrare aspiranti scrittori che arrivano a malapena a un paio di libri letti in un anno e proprio non li capisco. Credo che pochissimi nascano con doti straordinarie, e la letteratura non fa eccezioni. E’ importanti farsi un bagaglio di esperienze, quindi di letture, anche e soprattutto per creare un proprio registro, affinare lo stile, confrontare punti di forza e debolezze di altri scrittori. L’esperienza quotidiana fa di noi ciò che saremo. Per darti qualche numero, negli ultimi quattro anni ho letto qualcosa come settanta libri, per lo più romanzi che superano abbondantemente le quattrocento, cinquecento pagine.
Come anticipavo prima, io non mi precludo nulla. Leggo qualsiasi genere, a partire dall’horror e dal thriller, i miei preferiti in assoluto, passando per fantasy, storici, classici. Ciò che forse faccio più fatica a digerire sono i romanzi rosa. Il mio “podio” ideale potrebbe essere IT, Il fu Mattia Pascal e Orgoglio e pregiudizio, anche se sono consapevole di trascurare capolavori come la saga di Harry Potter, Dracula di Bram Stoker o La storia infinita.

~ Sei un autore di horror e thriller, che non ama lo splatter e predilige l’approfondimento psicologico dei personaggi. Considerando il seguito che hanno questi generi, soprattutto di recente, quanto è difficile restare fedeli a sé stessi in un mercato ormai saturo di prodotti che assecondano la domanda e dimenticano di offrire qualcosa di originale e personale?
Hai fatto centro. E’ il lato personale dell’autore che potrebbe fare la differenza, ma che nel mercato editoriale italiano è pressoché inesistente. Altrove, in altri mercati, e mi riferisco per esempio nel nord America o nei paesi anglosassoni, invece viene fatto parecchio scouting proprio per cercare quel lato innovativo della scrittura. E l’innovazione è data dall’originalità. Per originalità non intendo scrivere qualcosa che non sia mai stato scritto, perché sarebbe impossibile, ma saper rielaborare emozioni nascoste, quel lato intimo che ognuno di noi (me per primo) tende a nascondere nella vita di tutti i giorni. In Italia, scrivere in questo modo significa identificarsi in una sorta di nicchia, al di fuori di un contesto commerciale che sembra essere l’unico in grado di portare consensi e notorietà.
Nei miei romanzi c’è molto di me, ma non solo. C’è molto di quello che osservo negli altri, in chiunque mi stia attorno. E’ per questo che amo molto i risvolti psicologici nei miei romanzi. Penso che non rinuncerò proprio a questa parte del mio modo di scrivere.

~ Nel lavoro dello scorso anno, “Mai più senza”, l’argomento portante è assai particolare e delicato, soprattutto se affrontato in chiave horror: la depressione. Come nasce “Mai più senza” e come mai questo connubio così particolare?
Non esiste un unico ingrediente quando si scrive nel genere horror. L’horror non è solo paura. Ogni emozione forte, ogni zona d’ombra della personalità di un individuo, tutto ciò che percepiamo come ignoto perché fatichiamo a comprendere e a spiegare può portarci all’insicurezza, alla disperazione, al rimpianto. In sostanza, nei miei romanzi voglio sondare gli aspetti più cupi, ma intimi allo stesso tempo, dell’uomo di tutti i giorni. E quale è il male più infimo dei giorni tempi, quel malessere che troppo spesso neghiamo e rigettiamo come se in fondo non ci potesse mai colpire? Non aggiungo nulla, perché potrei dire molto altro che rischia di scoprire troppo le carte di Mai più senza, ma come esistono emozioni forti così negative, ce ne sono altrettante positive che possono cambiare per sempre la vita di ciascuno di noi.
Credo che Mai più senza sia stato un terreno rischioso sul quale cimentarsi, ma i feedback ricevuti mi danno la sensazione di essere riuscito a trattare un argomento spinoso, all’interno di un genere forte, ma con delicatezza e tatto. Ed era proprio questa la sfida che mi ero proposto.

~ Arriviamo a tempi recenti e parliamo di “Un dolore oscuro”, edito da Dark Zone Edizioni, come il precedente. Questo scritto mi ha ricordato la carica emotiva del videogioco “Alan Wake”; inoltre, la tensione e l’introspezione sembrano ormai caratteristiche imprescindibili dei tuoi lavori. Secondo te, l’horror senza sangue e mostri è più raffinato?
La definizione “più raffinato” non mi piace. Direi piuttosto che è più verosimile. L’horror è un genere troppo spesso banalizzato, ma se penso ai romanzi di Stephen King trovo che lui sappia scrivere l’essenza della vita. L’amicizia, il senso di inadeguatezza, l’incertezza del processo di crescita di un ragazzo, le paure di tutti i giorni, l’insospettabile e all’apparenza irreprensibile vicino di casa. In quali altre opere si possono trovare tanti argomenti tutti trattati assieme con quella verosimiglianza? Rendere un horror verosimile, quindi credibile, è una sfida che mi affascina e che porta il lettore dentro la storia. Le paure di tutti i giorni (per esempio in Un dolore oscuro, il terrore di perdere da un momento all’altro la propria compagna di una vita) sono quelle che spaventano di più perché le proviamo sul serio tutti: tu, io, il lettore. Mostri, teste mozzate, lupi mannari se fini a se stessi allontanano il lettore dalla consapevolezza delle proprie emozioni più profonde.

~ Di solito, si chiede all’autore di parlare dell’origine della sua passione e cosa alimenti ancora l’amore per la scrittura, ma non mi piace chiedere ciò che è possibile trovare in altre dieci interviste fotocopia. Lo chiedo a te, però, perché non so quanti siano incappati in questa informazione e mi interessa davvero tanto sapere quando e perché hai sentito il bisogno di iniziare a scrivere. E soprattutto, cosa ti spinge ancora oggi a farlo.
Sognare e creare. Se hai la capacità di sognare, sei in grado di creare. E creare luoghi, personaggi, connessioni, un presente legato a un passato e a un futuro, è qualcosa che mi affascina, un piacere che non si svuota mai.
Ho sempre letto tantissimo, ma c’è stato un racconto che mi ha acceso il desiderio di provare a scrivere. “Finestra segreta, giardino segreto” è un racconto della raccolta “Quattro dopo mezzanotte” di Stephen King. Lo consiglio a tutti, anche a coloro che non impazziscono per questo genere di libri. Ti assicuro che arrivato all’ultima riga di quel racconto, non sono riuscito a resistere e ho voluto iniziare a buttare giù qualcosa di mio. Me lo ricordo come fosse ieri, era una sera di giugno del’99. Da quel primo colpo di fulmine per la scrittura è nato proprio Un dolore oscuro, il mio primissimo romanzo. Mai più senza è stato scritto parecchi anni più tardi, è stato pubblicato prima, ma l’esordio con carta e penna è avvenuto proprio con Un dolore oscuro. E’ rimasto nel cassetto più di quindici anni prima che mia moglie insistesse per provare a proporlo in giro.
Scrivo ancora perché mi appaga e lo faccio tutti i giorni. A seconda degli impegni di lavoro e del tempo dedicato alla famiglia, mi riservo ogni giorno almeno un’ora per la scrittura.

telegraph.co.uk

~ Parliamo di scrittura. O meglio, di come la scrittura viene concepita: è meglio avere tecnica o talento? (O entrambi).
Se dovessi scegliere, ti dico assolutamente entrambi. Il problema è che il talento lo si può coltivare, ma se il terreno non è fertile di base, rischi che le tue rose crescano un po’ più sofferenti. La tecnica invece è qualcosa sul quale lavorare e che non va mai trascurata. E guai a pensare di avere raggiunto un livello di tecnica o stile oltre il quale non si può andare. Insomma, la tecnica è quella cosa che ti permette di ripulire il terreno dalle pietre, di concimarlo come si deve, di curarlo affinché le tue rose diventino sempre più affascinanti.

~ Qual è il libro che vorresti aver scritto e quello che non vorresti scrivere mai? Esordienti o big che siano.
Non voglio mettermi nei panni di altri scrittori o desiderare il loro immenso talento, giusto per rimanere in tema con la domanda precedente. Quindi ti dico solo che IT è la più bella storia che abbia mai letto. E uso la parola “storia” perché ha un significato ben più ampio di “libro” o “romanzo”. Su ciò che invece non mi è piaciuto, mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Sappi che comunque non mi è mai capitato di non finire un libro iniziato. Qualche volta ho fatto fatica ad arrivare alla fine, ma non ho mai gettato la spugna.

cinehunters.com

~ Hai dei progetti nel cassetto?
Parecchi. Tanto per cominciare, a maggio 2021 pubblicherò con una CE piuttosto attiva e dinamica, presente sul mercato da qualche decennio, un altro thriller psicologico ambientato nelle foreste del centro America. Anche in questo caso il tema è piuttosto particolare, ma in questo momento non posso svelare nulla di più.
Ho appena terminato un romanzo che tra non molto comincerò a proporre a qualche editore. In questo caso, si tocca il tema del destino: qualcosa di scritto e immutabile, frutto di combinazioni di eventi legati tra loro, oppure una fitta rete di fili conduttori che vanno al di là del mondo reale come siamo abituati a vedere?
Per chiudere, sto iniziando un horror dai forti connotati storici, legate alle genesi di uno dei più grandi personaggi letterari del terrore.

EXTRA.
~ Di solito sei una presenza di peso allo stand Dark Zone: come vivi l’esperienza in fiera?

Purtroppo gli impegni lavorativi non mi permettono di essere presente troppo spesso alle fiere letterarie. Con Dark Zone, ho partecipato al Salone del libro di Torino nel 2018 e nel 2019, siamo stati a Più Libri Più Liberi nel 2018, abbiamo vissuto assieme il Cubo Festival di Ronciglione 2018, il Festival del fumetto di Novegro 2019 e il Torino Comics 2019. Tutte esperienze particolari, ricche di fascino e che mi hanno permesso, per certi versi, una crescita letteraria e umana che a priori non mi sarei aspettato.
Credo non ci sia molto da aggiungere alla presentazione che hai fatto tu. E’ davvero precisa e coglie nel segno. Non sono il tipo di autore che adotta tecniche di marketing aggressive. Piuttosto, come quando creo i miei romanzi, mi piace molto osservare e conservare ogni sfumatura delle persone che incontro o con le quali mi intrattengo.

~ Sei una delle poche persone che usa i social in maniera costruttiva: non sei dedito allo spam selvaggio, non ti imponi negli scambi di opinione e condividi con noi fatti storici e di attualità. Perché non seguire la massa?
Sono cresciuto con spirito critico (nel senso più ampio e positivo di questa parola) e mi piace avere una mia linea di pensiero, per quanto essa possa apparire giusta per alcuni o sbagliata per altri. Seguire la massa è una prerogativa dei social e dei rapporti di questi ultimi trenta, quaranta anni, ma credo non porti a nulla di costruttivo. So di attirare lo scetticismo di alcuni, ma non sono parole di retorica. Come tu ben sai, nei miei post c’è spazio per aspetti di ogni genere, purché attirino la mia voglia di conoscere il presente o ricordare qualcosa di speciale dei tempi andati. Per esempio, la storia e gli eventi del passato mi affascinano molto perché spesso sottovalutiamo o diamo per scontate piccole scoperte che hanno cambiato radicalmente il mondo che abbiamo noi oggi tra le mani.

Giuseppe è stata una delle piacevoli scoperte fatte di recente. D’altronde, non può piovere per sempre, no? La pacatezza, il garbo, l’educazione estrema di un ragazzo che non si lascia cambiare da niente e nessuno e non per testardaggine, ma perché fiero di una identità dai bordi netti.
Laddove gli altri strepitano e straparlano, lui sorride e tace. Dove gli altri intrallazzano, lui si defila elegantemente. Una persona che non ha bisogno di attirare attenzione, perché chi brilla di luce propria non deve essere preceduto da fastidiosi squilli di tromba.
Grazie Giuseppe, io e Art Cafè ti auguriamo tanta fortuna.

Sara C.

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