Interviste: Susan Hiwatari Mikhaiel – Autrice, Editor

A volte, sui social, capita di essere incuriositi da un profilo e da quel momento, iniziare a seguirlo in maniera altalenante: un po’ sì e un po’ no. Credo si tratti della forma d’interesse più sincera proveniente da questo ambiente, dove ci si alza al mattino con lo scopo di attirare l’attenzione del prossimo con irritanti “look at me”, che spesso ricordano gli strilloni da mercato e nulla più. La sincerità sta nell’avvicinarsi a un avatar e seguire sporadicamente i suoi interventi, poi leggere i suoi stati, iniziare a intervenire, parlarci ogni tanto in privato e trovare (per assurdo) dei punti in comune che esulano da ciò che volgarmente chiamo “villaggio amish”. Ecco, nel momento in cui l’avatar diventa persona, il gioco è fatto: è nata una simpatia vera.
Mi prendo delle libertà diverse con Lei, perché in sua compagnia so di potermelo permettere. So di poter stare svaccata sul divano in maniera scomposta, senza essere giudicata, e non perché si sia alternative #fuckyeah… ma per pigrizia, per noia, per quella semplicità di essere se stessi in mezzo alla gente. Senza doversi uniformare e senza doversi, per forza, distinguere. Con Lei si può fare, si può star tranquilli.
Lei è diversa, nel modo più positivo che si possa intendere.
Lei è Susan Hiwatari Mikhaiel ed è ospite di Art Cafè in qualità di Autrice, Editor e Grafica.

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~ Come già accaduto in precedenza, sono costretta a fare una domanda figlia di una mia personalissima curiosità. D’altronde, la curiosità smuove il mondo… il tuo è un nome d’arte? Se sì e se vuoi, che storia c’è dietro?
Ehm, ecco… Mio padre è egiziano (di origini greche), ecco perché ho un cognome che suona così strano! In realtà questa domanda me la fanno dall’alba dei tempi XD ma sì, ahimè è il mio vero nome (senza l’Hiwatari) e vorrei davvero essermi data un nome d’arte italiano all’epoca in cui pubblicai il primo libro. Sì, il fatto che molti prendano il mio per un nome d’arte un po’ mi infastidisce, non perché io percepisca cattiveria dall’altra parte eh, ma perché bo… Cioè, è davvero tanto strano che qualcuno sia figlio dell’incontro di due culture ed etnie diverse?

~ Probabilmente, mi pentirò di questa domanda, perché fartela è come regalare un accendino a un piromane pakistano che tiene in mano dei candelotti di dinamite, anziché delle banali rose a gambo lungo. Abbi pietà di me, Mikhaiel, rispondi con calma e con la consapevolezza che non ho mai censurato un’intervista (e mai lo farò, visto che le pubblico così come arrivano): cos’è per te il Villaggio Amish?
Non ho la più pallida idea di cosa tu intenda per Villaggio Amish… Per cui, in una buona dose di analfabetismo funzionale lol, dirò che la cultura amish (quella vera) mi intriga da morire. Se non trombassero come conigli (non me lo censuri, vero?) probabilmente mi ci trasferirei seduta stante.
Ah, in quasi 30 anni nemmeno a scuola e al lavoro mi chiamano Mikhaiel, sigh sigh..

The Village

~ Sempre rischiando il cammino della vergogna, chiedo: secondo te, ci sono pro e contro del fare parte del Villaggio Amish? Ovvero, il circolo di aspiranti autori/editor/illustratori/editori e via discorrendo a cui tutti, più o meno, apparteniamo.
Ah, ok, intendi questo. I pro ci sono solo se sei disposto a sporcarti la lingua di una certa cosa marrone che esce dalla backdoor delle persone… Vabbé, ci siamo capite. La verità è che in queste community vanno avanti pochi “eletti” sostenuti da mille pecore convinte che, a furia di leccare culi, finiranno per fare successo pure loro. Infatti è raro che io segua delle community, lo faccio solo se reputo di poter davvero imparare qualcosa di nuovo o condividere sul serio con gli altri, non mi piacciono quei gruppi che diventano sette religiose (ora l’ho capita la metafora, scusa ma sono morta di lavoro e l’orario non aiuta) dove c’è il grande capo che detta a destra e a manca ai sottoposti. La verità è che mal tollero le gerarchie, a meno che non sia io a dominarle lol (vabbé, hai detto che apprezzi la mia sincerità XD).
Preferisco una roba più aperta bordello style, del tipo “sì, siamo colleghi, ma tipo ognuno per la sua strada”. Poi oh, ovviamente se nascono collaborazioni o belle amicizie mica ci sputo su, spero sia chiaro a che tipo di community mi sto riferendo.

La Libertà che guida il popolo – Eugène Delacroix
Fable Anniversary

~ Tutto è iniziato nel momento in cui hai mostrato (credo per la prima volta) le cover dei tuoi libri: per quanto mi riguarda, è stato amore a prima vista. Da lì ti ho seguita sempre più spesso e a volte ero d’accordo con ciò che dicevi e il modo in cui lo dicevi. Senza patti di sangue, senza scambio di favori, ho maturato interesse per te e per ciò che fai. Cos’è che invece incuriosisce te in questo ambiente? Come si cattura la tua attenzione?
Guarda, ti sorprenderà sapere che mi sono posta la stessa domanda in passato. Potenzialmente tutto. Ma proprio tutto. Ci sono delle cose che mi affascinano più di altre, ma sono seghe mentali talmente contorte che non so se fuori dalla mia mente abbiano senso. Una per esempio è la “vastità” (non del cazzo che me ne fotte, eh), le cose che hanno un’aria di grandezza, openworld, “spazio vivibile” mi intrippano di brutto. Poi bo, le cose fatte bene, in qualunque campo. La bellezza non fine a se stessa ma che veicola qualcosa. Le cose che vanno oltre l’umana concezione (ricordo i nostri discorsi sul LISK, la passione per i serial killer è un’altra sega mentale xD), l’infinito, quello che per Kant (mamma mia che smaronacoglioni che sembro) era il sublime. Per tornare un attimo in topic, un’opera che mi ha stregata per questo senso di immensità è A Song Of Ice And Fire: quando guardo la cartina e per ogni punto mi vengono in mente storie diverse che si incrociano, rendendo il mondo di Westeros ed Essos VERO E CREDIBILE, bo mi sciolgo di goduria. Non fate quelle facce, l’ho detto che fuori dalla mia testa sono solo deliri.

~ Definisci la tua pagina, Dream Emporium, “un piccolo santuario dove raccogliere le mie creazioni artistiche”. Hai molti interessi: parliamo di scrittura, editing, grafica, collezionismo, creazioni, ma quale tra questi vorresti portare avanti in maniera professionale? Di quale senti di voler vivere?
Ti direi la scrittura, ma ormai sono diventata talmente cinica che non ci credo più nemmeno io. Quindi, con un po’ di realismo, virerei sull’artigianato: sto meditando di aprire un canale Youtube di tutorial e video delle mie creazioni! Chissà però quanto tempo mi ci vorrà prima di riuscire a dedicarmici.

~ Chiedere a un autore di parlare delle proprie opere è qualcosa che non faccio mai, principalmente perché detesto lo spam mascherato da intervista e poi, perché ci sono gruppi, blog e siti che lo fanno da tempo immemore. Vorrei andare oltre, ma nel tuo caso l’oltre è proprio questo, perché non parli mai di ciò che scrivi. Faresti un’eccezione per me e i miei commensali, raccontandoci di più di “The Black Rose – Saga”?
Non parlo di ciò che scrivo perché, come te, mal tollero lo spam e l’autoelogio alla “guardatemi, sono uno scrittore”. Per dirti, mia madre ha scoperto – dopo diversi anni – dalla vicina che ho scritto un libro lol.
Non saprei davvero cosa dire, un po’ me ne vergogno e più volte ho avuto la tentazione di ritirare tutto e fare finta di non aver mai scritto nulla. La verità è che vendo così poco che praticamente non mi cambia nulla, ergo ho dato via libera alla mia pigrizia.
Una cosa però te la posso dire: molte delle vicende scritte nel libro col tempo si sono avverate. Io ho paura. Niente, vado a toccarmi le palle finché non invecchio (spoiler… o no?).

~ Collegandomi alla precedente domanda, parliamo di pubblicità. Che rapporto hai con lo spam e perché hai scelto di farne così poco alle tue (numerose) abilità?
Penso che la risposta precedente risponda già in parte alla domanda, ma visto che è un argomento che mi triggera ci spendo volentieri due paroline in più. Lo spam NON AIUTA PER UN CAZZO A VENDERE SE SIETE DEI SIGNORI NESSUNO. A maggior ragione se è fatto in maniera sgrammaticata, con estratti più soporiferi delle ninnananne e in cui vi esaltate solo VOI CAZZO DI AUTORI. NON ME NE POTREBBE FREGARE UNA MINCHIA DEL PRODE CAVALIERE FIGO COI CAPELLI DORATI COME LA SABBIA E I COGLIONI GRANDI COME DUE POLPETTE. IMPARATE A SCEGLIERE DEGLI ESTRATTI CHE PIACCIANO AL PUBBLICO, NON A VOI DANNATI MALAKA (lett: segaioli). Perché di questo si tratta nel 90% dello spam in cui mi imbatto: autoseghe degli autori su quanto è figo il loro estratto. No, fanno cagare. No, non vi compro il libro, nemmeno se mi state simpatici, perché se lo stile mi fa cacare già sono povera e non ho soldi da buttare a caso. Sorry. Con me le slecchinate non funzionano.
Per contro, proprio perché sono totalmente incapace di valutare da me un estratto di un mio libro, preferisco che sia chi li ha letti a dirmi qualche passo che li ha colpiti. Ecco perché sono restia a pubblicare estratti con link d’acquisto, perché semplicemente mi fanno tutti cacare. Che bello avere l’autostima sotto i piedi, vero?

Pixbay – Geralt

~ Sei una lettrice attenta e appassionata, ma qual è il libro che avresti voluto scrivere di tuo pugno e quale vorresti non fosse mai stato scritto? (In entrambi i casi, la scelta include sia gli autori affermati che gli esordienti).
Sulla seconda avrei davvero troppe risposte da dare, per cui vado su qualcosa di banale tipo Twilight, così siamo tutti un po’ concordi.
Co s’avrei voluto scrivere? Posso dire la versione cinica e quella più poetica?
Cinicamente un bestseller per, vabbé, li sordi. No, non i sordi. La pecunia. Il cash. I BIG FUCKING MONEY (mica hai specificato il motivo).
Poeticamente, Lo Scudo di Talos, o in generale qualunque libro di Manfredi sull’antica Grecia. Oh, ora vivo ad Atene, ricordi?

~ Una cosa che non molti sanno è che ti sei occupata di editing per un bel po’. Visto che si fa un gran parlare di questo, cos’è l’editing per te e in che modo è possibile distinguere un editor professionista da uno improvvisato?
Detto così sembro esperta lol. Diciamo che ho fatto coaching con una editor e ho imparato un po’ di roba di cui ignoravo l’esistenza o che comunque consideravo poco importante. Premesso che non mi ritengo un’esperta, mi piace pensare di poter sempre migliorare, ma per me l’editor professionista è quello che ti spiega e ti aiuta, non quello che ti impone e ti offende se non segui quello che dice. L’editing è tecnica, ma come in ogni arte la tecnica va accompagnata alla rielaborazione personale. Non serve a niente sapere la definizione da manuale di Show don’t tell se non si capiscono le differenze effettive tra l’una e l’altra cosa, o se si inizia a fare discorsi nazisti alla “show uber alles, tell merda puzza di culo” come si sente fare da certi editor che creano dei Villaggi Amish di indottrinati senza cervello. A volte più che villaggi sono ducati, ma tant’è.

~ Progetti futuri, artistici e non. In cosa possiamo augurarti di riuscire?
Posso essere banale coi classici casa, lavoro e famiglia? Cioè, prendere una casa nostra, fare il lavoro dei miei sogni (vedi risposta 5) e chissà, forse un giorno mettere su fam…fami….fam…fammocazz no non voglio figli. Vabbé, c’ho la gattina di 4 mesi, vale? Per me è come una bimba.

EXTRA:
~ Tu mi somigli più di quanto ti conviene ammettere, ma che sei un’appassionata di bambole (come la sottoscritta) credo si possa dire. Come nasce questo interesse?

Ho scoperto le Bjdoll totalmente a caso qualche anno fa, forse tipo 2012-2013 o giù di lì. Niente, è stato non solo amore a prima vista per la bellezza di certe bambole, ma mi sono anche impuntata di ricreare i personaggi della saga in questa versione! Avevo iniziato l’anno scorso, ma col trasferimento tutta la mia roba è rimasta nel Bel Paese e devo riuscire a recuperarla prima o poi…

~ Leggerti significa vedere il tuo segnalino spostarsi in maniera convulsa da una nazione europea all’altra. Sorvolando sulle circostanze e sui motivi, che sono e restano privati, impattare con un nuovo paese, usanze e lingua ogni volta, che effetto ti fa?
Ricordi il discorso sulla vastità che facevo prima? Quel cosmopolitismo(esiste?), quell’immensità, quel far parte di un qualcosa che va oltre la nostra concezione. I motivi poi non vedo perché nasconderli: non sono mica la prima italiana a emigrare all’estero (da mio padre in Olanda prima e col mio ragazzo nella sua patria poi) per lavoro. Restare chiusi nel proprio angolo di mondo ad alcuni può anche andar bene, ma io fin da piccola mi sono vista un po’ viaggiatrice. Certo, dover ricominciare da capo non è facile, e io sono fortunata che entrambe le volte ho avuto un appoggio. Ma amo le lingue (ne parlo fluentemente 2 e scolasticamente altre 2+2 morte/inutilizzate, se poi vogliamo aggiungere che piano piano sto imparando pure il greco…), amo ciò che è diverso da me (vedo le mie origini straniere come un segno che sono destinata a essere una cittadina del mondo), e come dicevo prima questa è una di quelle cose che ho scritto nel libro ed è avvenuta: la mia protagonista si trasferisce a Tokyo per dare una svolta alla propria vita, e io – a distanza di 5 anni – ho fatto lo stesso con Amsterdam prima e Atene poi.
Quando nel 2016 dissi a tutti che avrei lasciato l’Italia, praticamente nessuno dei miei amici mi ha presa sul serio e anche la mia famiglia credeva che fosse uno dei soliti discorsi alla “vado a spaccare il mondo” che si conclude con birra e patatine sul divano durante il Derby.
Io non ho dubitato un solo istante della mia decisione, più si avvicinava il momento più ne ero convinta ed entusiasta (e un po’ naturalmente spaventata). E tornassi indietro lo rifarei ogni volta, e anzi lo farei prima.
Sono partita che non avevo lavoro e amore da anni, e ora ho un ragazzo che amo con tutta me stessa e un lavoro che mi piace e mi dà soddisfazioni. Non è il lavoro della mia vita, ma rispetto a tante persone mi reputo fortunata a non disprezzarlo.
Piccola digressione a parte, l’impatto in sé è meno devastante di quanto si potrebbe pensare, a patto di avere spirito di adattamento. Senza quello tanto vale restare nella propria comfort zone; io ho scoperto che la mia è il mondo intero.

Susan è una ragazza in apparenza ruvida e sebbene sia poetico affermare il contrario, la verità è che è ruvida davvero. In maniera sincera e naturale, Susan è ruvida, ma possiede un lato delicato che non si mostra a chicchessia: sarebbe uno spreco.
La parola “curiosità” è quella che sento di voler accostare alla sua persona e questo perché con lei è difficile andare oltre lo scambio di commenti se non c’è sincero interesse reciproco. Con lei non c’è la necessità di scendere nel dettaglio o scambiare confidenze intime per poter condividere qualcosa in maniera vera. Non c’è bisogno di patti di sangue indelebili per rispettarla o farsi rispettare da lei. Vive in maniera sana, fuori e oltre i social ed è per questo che si apprezza. Ruvidamente sincera.
Grazie Sue, io e Art Cafè ti auguriamo tanta fortuna.

Sara C.

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