Interviste: Andrea Piera Laguzzi – Illustratrice, Autrice

Alcuni professionisti incarnano lo spirito con cui Art Cafè è stato fondato: tanto olio di gomito, paraocchi, una strada irta di ostacoli e la speranza di concludere la giornata con la soddisfazione di chi ce l’ha messa tutta. Nessuna scorciatoia, nessuna conoscenza illustre, nessun tentativo di appiglio al “bene o male, purché se ne parli”. Qui si parla di appassionati e professionisti che non conoscono invidie o gelosie, che si arricchiscono di confronti e che difficilmente salgono in cattedra.
Lei è una punta di diamante di umiltà e professionalità, che coniuga in maniera armonica ed equilibrata, con la stessa maestria con cui completa le sue tavole. È determinata, sa fare squadra e rappresenta uno degli anelli più solidi della lunga catena di professionisti che si sono prestati alle interviste di Art Cafè.
È divertente e scanzonata, ma integra e seria quando la situazione lo richiede.
Lei è Andrea Piera Laguzzi ed è ospite di Art Cafè in qualità di Illustratrice.

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~ La prima domanda è un preliminare necessario, perché figlio di una curiosità urticante che mi sta facendo impazzire da mesi. Chi è Charles Vane e perché lo hai scelto come alter ego? Cos’è per te “lo spirito pirata”?
«Gli uomini che mi hanno portato qui oggi non hanno paura di me. Mi hanno portato qui perché hanno paura di voi. Perché sanno che la mia voce, una voce che rifiuta di essere ridotta in schiavitù, viveva anche dentro di voi. E forse è ancora viva. Mi hanno portato qui per mostrarvi la morte, e spaventarvi al punto di ignorare quella voce. Ma ricordatevi che noi siamo tanti. E loro sono pochi. La paura della morte è una scelta. Non possono impiccarci tutti.»
Non c’era modo migliore, per introdurre la risposta, che usare l’ultimo grande monologo di Charles Vane stesso. All’inizio di Black Sails viene presentato come il pirata più feroce e implacabile di Nassau. Ma chi procede nella visione degli episodi può scoprire che Vane non è una bestia, bensì un ex schiavo che ha il terrore di ritornare a esserlo, e che è disposto a pagare qualsiasi prezzo pur di rimanere libero. Ecco perché l’ho scelto come alter-ego, all’inizio in maniera quasi involontaria: in una società che tende a etichettarci, a incasellarci, a giudicarci per colore, religione, tendenza, ideologia, io ho scelto di identificarmi in qualcuno che del giudizio altrui se ne infischia. E che non ha paura di dirlo chiaro e tondo. «Non mi nascondo dietro un prete, non mi nascondo dietro la legge. Non mi nascondo dietro a nulla. … Se c’è qualcosa che devo dire a Dio, sarò io a dirglielo, o non dirò nulla.»
Questo stesso “spirito pirata” è quello che, giorno dopo giorno, ho infuso anche nel personaggio della Canaglia (no, il suo nome non ve lo dico! È ancora un segreto!), il ruvido tabagista con cappello a cilindro che ho sempre come immagine del profilo. La Canaglia è in parte ispirata proprio a Charles Vane e completa quel che è il mio alter-ego. Siamo una cosa sola, lui è il grillo (s)parlante che mi bisbiglia ogni giorno (ma soprattutto ogni notte) nuove idee, nuovi progetti, e che mi sprona a non mollare mai: quello spirito inquieto, un po’ anarchico e irrazionale che non ha peli sulla lingua e non si lascia imbrigliare dalle convenzioni, che vive in ciascuno di noi e che generalmente lasciamo appassire.

~ Quando si intervista un illustratore, la prima cosa che salta all’occhio è l’iscrizione al liceo artistico: tu hai scelto il liceo classico. Segue una laurea triennale in Conservazione dei Beni Culturali, la specialistica in Storia dell’Arte e Valorizzazione del Patrimonio Artistico e come se non bastasse, anche una Magistrale in Scienze Storiche, Archivistiche e Libraie. Sorrido e aggiungo, “comunque, la maturità al classico”. Perché questa scelta e cosa voleva diventare la piccola Andrea da grande?
La piccola Andrea aveva le idee parecchio confuse. Prima voleva fare la cavallerizza, poi la veterinaria, poi l’archeologa (ah, i bei tempi passati sognando davanti a Indiana Jones e Jurassic Park!), poi addirittura l’avvocato. In mezzo a tutto ciò, non è mai morto il desiderio di lavorare, un giorno, per la Disney. Insomma, un casino. Però nel mio marasma di idee due cose non sono mai cambiate: la passione per gli studi umanistici, e quella per il disegno. In teoria avrei voluto fare un liceo artistico, ma vicino a me non ce n’era nessuno. A malincuore dovetti accantonare l’idea. E allora, che fare? Mi resi conto che l’attitudine per il disegno e la pittura era, per così dire, ‘innata’… di conseguenza il Liceo Classico mi sembrò un’ottima soluzione per appagare almeno la mia sete di cultura. Per il resto potevo sbrigarmela da sola, in fin dei conti. Così ho fatto, e ancora oggi non smetto di imparare.

~ Quand’è che le illustrazioni sono passate da semplici commissioni a veri e propri incarichi? Come hai vissuto la transizione da ‘appassionata’ a ‘professionista’?
Mi sono buttata sul mercato in qualità di ritrattista a olio e grafite. La gente mi portava fotografie di loro cari e mi chiedeva di realizzarne dei quadri a olio da regalare ai compleanni, o a Natale. Per occasioni speciali. Poi ho incontrato Federico Galdi, tra 2012 e 2013 mi pare, all’epoca autore esordiente di Plesio Editore. E lì ebbi i primi veri incarichi per delle copertine, non solo con Plesio, ma anche con Dunwich. Ora come ora il mio mercato continua a essere rivolto più a committenti privati che mi contattano e mi scoprono in occasione di fiere e manifestazioni, tuttavia di recente sono stata coinvolta in un bellissimo progetto patrocinato da Dark Zone Edizioni e Amnesty International, in occasione del Torino Comics tenutosi ad aprile. Un’esperienza favolosa.
A essere sincera non mi sono mai soffermata a riflettere su questo progressivo passaggio da livello amatoriale a professionale. È stata un’evoluzione lenta, naturale: il bruco si rende davvero conto di diventare farfalla? Il mio spirito e la mia passione, al momento, sono rimasti intatti. Ciò di cui mi sono liberata, forse, sono le insicurezze. Ho osservato i miei lavori passati e ne ho analizzato le criticità dovute all’inesperienza, e me ne sono liberata. Come di una crisalide.

~ Tempo fa, scambiammo due chiacchiere riguardanti l’attuale situazione degli illustratori e dell’interesse che il pubblico ha per loro: nulla a che vedere con il giusto riconoscimento e la sincera condivisione, ma tanta voglia di bruciare le tappe, rubare i trucchi del mestiere e affermarsi, senza dare vita a una vera community. Mi torna in mente la frase “United we stand, divided we fall”. Cosa pensi dell’ambiente e come credi possa migliorare?
Il pubblico andrebbe maggiormente educato a una corretta fruizione dei prodotti artistici, in particolare quando si rivolge a quei professionisti del settore che si dedicano all’autoproduzione. Purtroppo, molte volte chi decide di auto-prodursi viene visto con sospetto perché non ha un marchio alle spalle che lo sostenga. Ma è anche vero che, sotto certi aspetti, la colpa è anche un po’ nostra. Troppi artisti cercano di farsi conoscere appiattendo se stessi tramite la produzione in serie di fanart che possano piazzarsi facilmente e su larga scala tra il pubblico, anziché cercando una propria e personale strada. Certo, un personaggio originale è molto più difficile che attiri l’occhio del pubblico, ma per esperienza personale so che dà molta soddisfazione in più se viene apprezzato. Oppure alcuni artisti che si sono appena affacciati sul mercato offrono i propri servizi a prezzi iniqui, stracciati, svalutando così non solo il proprio lavoro, ma anche gli sforzi dell’intera categoria. Hai ragione a dire “United we stand”. Da un lato servirebbe una maggiore consapevolezza del valore del nostro lavoro, dall’altro una maggiore disponibilità nel darci consigli a vicenda, anziché scrutarci come potenziali rivali sul mercato dell’illustrazione. Personalmente ho trovato due piccole isole felici, una reale e una virtuale: la prima è il collettivo artistico Imaginaria-Fantastico Contemporary Art, di cui sono parte ormai da tre anni; la seconda è su facebook ed è la comunità artistica “Secret Corner”. Lì si aprono spesso e volentieri dibattiti e confronti per migliorare le conoscenze di ciascun membro non solo a livello artistico, ma anche per quanto riguarda i dubbi su copyright, contratti, prestazioni di lavoro, personal branding.

~ Siamo abituati a vedere il fantasy attraverso gli occhi degli aspiranti autori, quindi teniamo a mente l’emozione dello scrittore che incontra le proprie creazioni per la prima volta dal vivo. L’illustratore assume il ruolo di un’ostetrica amorevole che fa nascere sogni, desideri, riscatti e tante emozioni: come ti fa sentire tutto ciò?
Se cito Platone e mi descrivo come un “divino demiurgo” sono troppo megalomane? A parte gli scherzi, dare corpo e vita a personaggi non solo miei, ma anche a quelli altrui, è sempre una sfida e un’emozione. Ho lavorato per committenti privati degli States, Canadesi o Britannici che volevano ritratti dei loro personaggi in game… intensi scambi di mail a qualsiasi ora del giorno o della notte, tra ritocchi e modifiche per dare ai loro personaggi la giusta espressione. La cosa più bella, però, è quando puoi vedere dal vivo il committente ricevere il suo disegno. Mi è capitato di recente, durante Cartoomics, con due autori che stimo tantissimo: Jordan River e Lorenzo Basilico, ai quali ho portato un ritratto di Lilith e uno di Annibale Salinas, i protagonisti dei loro romanzi. Vedi, ci sono momenti in cui la strada dell’illustrazione si fa talmente dura e pesante che ti guardi avanti e vedi solo salita, ti guardi indietro e non riesci più a scorgere il punto da cui sei partito, e allora ti chiedi: perché caz…caspita lo sto facendo? Sono gli occhi lustri di persone come Jordan e Lorenzo a darmi la risposta. E i calci nel sedere che mi assesta la Canaglia.

~ Considerando le collaborazioni con gli autori, quanto spazio c’è per la tua creatività in illustrazioni raffiguranti creature, personaggi e ambientazioni figlie della fantasia altrui?
Non so se sono stata fortunata io, ma finora ho sempre avuto un ampio margine di libertà. A volte anche troppa, nel senso che mi è capitato di avere poche indicazioni e, per disegnare qualcosa che non ci appartiene, troppa libertà equivale in realtà a un vuoto quasi impossibile da colmare. Tant’è che sottolineo sempre l’utilità (anzi, la necessità) di avere delle descrizioni minuziose dei personaggi o delle ambientazioni richieste, ancor meglio se accompagnate da reference. Tieni conto che quando lavoro a un character design, detesto fossilizzarmi su visi stereotipati o che si somiglino tra loro, e cerco di dare sempre a ciascuno un’impronta originale, differente, personale. D’altronde noi siamo tutti diversi, perché non dovrebbe essere così anche per dei personaggi di fantasia?

~ Nessun vincolo, nessuna commissione, nessun limite di tempo, spazio e materiale: cosa disegna Andrea Piera Laguzzi su un foglio vuoto?
Canaglia e Gigante, i personaggi originali creati da me e dalla mia migliore amica/sorella acquisita/coautrice Ilary Sechi. Sono i protagonisti del romanzo urban fantasy cui iniziammo a lavorare circa 8 anni fa, e che ormai sono i nostri fedeli amici immaginari, nonché compagni di sventure quotidiane. Quando posso disegnare loro, mi trovo totalmente su un altro piano della realtà.

~ Qual è la tavola che vorresti aver creato, e che invidi a un collega, e quella di tua creazione dalla quale non vorresti separarti mai?
Domanda difficile. Davvero difficile. È arduo indicarne una perché, a intervalli, ho ammirato e mi sono sentita influenzata da una quantità indescrivibile di artisti, tutti diversi e persino lontani non solo per stili e generi, ma anche per periodi storici. Tra l’altro l’invidia non è il peccato capitale che mi si addice, perché lo trovo un sentimento distruttivo. Quindi, piuttosto parlerei di viva ammirazione al limite dell’adorazione. E l’artista che negli ultimi tre anni si è meritato questo mio sentimento è Aaron Blaise. A lui devo i miei progressi costanti nell’illustrazione e nel character design, e se c’è una creatura che potrei ‘invidiargli’ è la Bestia, da lui splendidamente ritratta in questa tavola.
Una tavola di mia creazione da cui non vorrei separarmi? Altrettanto difficile sceglierne una, perché in un modo o nell’altro mi sento sempre legata alle tavole che creo. Soprattutto quando si tratta di soggetti miei. Di conseguenza, le opere recenti tendono sempre un po’ a scalzare le precedenti. Devo dire però che ce n’è una che, nonostante sia tra le più datate, continua ad avere un posto speciale, perché unisce in un’unica immagine due cose cui sono legata profondamente, cioè la Canaglia e la mia Genova: la tavola con la Canaglia sul sagrato della cattedrale di San Lorenzo, al chiaro di luna e con l’inseparabile sigaro tra le labbra.

~ Magari non tutti lo sanno, ma il disegno non è la tua unica passione: hai un urban fantasy pronto per l’editing. Come nasce l’amore per la scrittura?
In maniera silenziosa, strisciante e crescente, al punto di raggiungere un ex aequo con il disegno. Intanto ho sempre amato leggere, una cosa che ritengo di vitale importanza per chiunque voglia prendere in mano una penna e un block notes. Contemporaneamente mi sono sempre divertita a inventare storie, talvolta anche a disegnarle. Me le raccontavo e ci pensavo prima di addormentarmi, o durante lunghi viaggi in auto. Il primo romanzo fantasy lo terminai quando andavo al liceo. Una storia acerba che venne valutata da Nord come una sorta di acerba promessa, e che per tale motivo giace ancora nel mio hard disk. Ma non fu quella bocciatura a bloccarmi, furono l’università e svariati impegni a soffocare la mia ispirazione per un tempo piuttosto lungo, fino a quando la mia amica Ilary non cominciò a inviarmi in lettura alcuni suoi racconti. Ciò risvegliò in me la voglia di scrivere, e durante i miei interminabili viaggi tra Pavia (dove facevo tirocinio), Genova (dove studiavo) e Predosa (dove vivo), ripresi a scrivere anch’io. Appunti sparsi, abbozzi di trama, qualche capitolo che inviai a mia volta a Ilary. Era il 2011, e quello scambio di mail sancì l’inizio di un’avventura che ha tagliato un primo traguardo solo il 27 marzo di quest’anno, dopo oltre 8 anni. Ora il nostro urban fantasy (con Canaglia e Gigante) è in fase di editing con una professionista del settore, e non vediamo l’ora di imbarcarci nella fase successiva: quella dell’invio agli editori.

~ Quanto è importante la musica nel tuo lavoro? Di solito, da dove arriva l’ispirazione?
Da 1 a 10… direi + infinito. Che sia metal o celtica, che sia Zucchero Fornaciari o Fabrizio de André, che siano i Prodigy o Frank Sinatra, Camille Saint-Saëns o i Carmina Burana, la musica mi accompagna sempre. Anche quando non la ascolto, mi risuona in testa e mi suggerisce immagini. Molto spesso quando pubblico le mie illustrazioni sulla pagina fb, le accompagno con i versi della canzone che ho tenuto in sottofondo. A volte l’ispirazione è data dall’atmosfera e dal ritmo, ma molto più spesso dal testo. Ci sono cantanti o gruppi, in particolare, che sembrano entrarmi in testa e adattarsi ai personaggi e alle scene che disegno come fossero una seconda pelle.

EXTRA.
~ Il ricordo più bello legato alle esperienze in fiera.

Più che un ricordo specifico, è una sensazione generale che mi pervade ormai ogni volta che parto per una delle mie “missioni fieristiche”: la consapevolezza di non essere una goccia di pioggia che si disperde sull’asfalto, ma un ruscello che sta andando a tuffarsi in mare per riunirsi a tanti altri suoi fratelli. Che sia ALEcomics o Cartoomics, Torino o Lucca, quando prendo posto nei padiglioni mi sento parte di un grande organismo in cui anche il più piccolo elemento ha una sua funzione, un suo scopo. E quando mi rendo conto che alcuni visitatori stanno iniziando a fidelizzarsi, a recarsi in fiera per venire proprio da me, per avere un mio disegno… beh, devo proprio descrivervi la sensazione?

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Andrea è stata una scoperta assai piacevole ed è arrivata di botto, dopo molto tempo. Vedevo i suoi lavori e li apprezzavo, senza capirci molto di tecnica, perché io sono babbana di grafica e disegno. Ammiravo senza mai chiedere, come una povera disgraziata catapultata in una realtà bellissima ma del tutto nuova.
Eppure, quell’illustratrice che si nasconde dietro l’alterego di Charles Vane mi è sempre piaciuta.
Parlarle è stato fondamentale per scoprire la persona straordinaria che si cela dietro l’avatar in stile cartoon. Ho trovato una donna intelligente, umile e con le idee chiare; una professionista dinamica, viva, sempre positiva e disposta a smezzare il bicchiere per far star bene entrambi: d’ispirazione.
Grazie Andrea, io e Art Cafè ti auguriamo tanta fortuna e tanti successi.

Sara C.

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